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 "Compleanni, matrimoni e funerali"

 

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Mia mamma mi dava sempre la rosetta con il salame da portare a scuola per merenda. Quello era quindi il sapore della pausa, dell’intervallo misericordioso tra le lezioni, oltre che dell’affetto che mi accompagnava da casa nelle prime vere prove che uno si trova ad affrontare nella vita, quelle scolastiche. Quando ho letto queste parole in un libro di Antonella Clerici mi si è aperto un mondo: quello dell’intervallo...e ha scatenato una marea di ricordi.

Alle elementari avevo anche io la rosetta con il salame o la mortadella: la portavo da casa e mi profumava tutta la cartella con quell’aroma irresistibile…talmente che un giorno la maestra della classe a fianco alla nostra venne da me e, senza neanche chiederlo, me la strappò di mano mangiandomene mezza!

Alle medie iniziai l’emancipazione alimentare e la merenda del mio intervallo era di produzione industriale. Quella che io chiamo “la fiera del Mulino Bianco”: le crostatine (che si sbriciolavano sempre…esiste una bella vignetta – che gira spesso su facebook – in cui si dice che partiva da casa intera e a quell’ora te la dovevi praticamente sniffare) o i saccottini (ovviamente preferivo le versioni al cioccolato, ma erano rare: per salvaguardare la mia salute mamma me li comprava più spesso all’albicocca). Ma mi piacevano anche le tortine al limone (avevano solo l’aroma…non come quelle favolose che vendono oggi che c’è anche la cremina dentro) o la schiacciatina (ce n’erano dentro due sottilissime e sulla copertina erano raffigurati un bimbo e una bimba che se le gustavano).

Alle superiori, tutto comprato al distributore automatico (“la macchinetta”). Se volevi il gnocco al forno, dovevi chiedere di uscire dalla classe verso le 9.30 (o dare una mancia alla bidella) altrimenti non l’avresti più trovato. Se non potevi, dovevi accontentarti di merende confezionate…spesso di scarsa qualità, perciò io sceglievo spesso una bella cioccolata al riso soffiato.

All’università, infine, inversione totale di tendenza. Arrivava un tipo con un fornello e ti scaldava sul momento pizza ed erbazzone!! Ce li mangiavamo in compagnia, facendo tutti insieme il cruciverba stampato sul giornale, oppure in solitaria, nell’aula computer, davanti alle partite di Solitario o Campo Minato (quello che ora, più politically correct, si chiama Prato Fiorito).

Il cibo ha questo di bello: dopo essere passato per il palato si imprime nella memoria e quello che ricordi non è solo il sapore, ma anche l’atmosfera che lo circondava e i volti di chi lo diviso con te.

Soprattutto quello di quella maestra ladra-di-rosetta-col-salame…che non perdonerò mai.