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 Mi piace uscire a cena in compagnia: rido, scherzo, di sicuro sperimento nuove combinazioni a tavola. Mi piace però altrettanto preparare la cena a casa.

 Fino al momento di aprire il mio primo blog (nei primi anni del 2010) avevo cucinato solo la Tiella pugliese, la paella spagnola, la pasta al burro con il sugo in tubetto e un tentativo fallito di meringhe. Poi ho iniziato a cucinare per scriverne e da allora è una delle mie principali passioni, che mi rilassa.

 Cucinare a casa ti mette davanti due scelte: fast food o slow food? E a rispondere sono l’orologio e la voglia che hai di impegnarti.

 Il fast food che preferisco sono i toast svuotafrigo, la pasta al sugo improvvisato e il tagliere dei salumi, dove la necessità scatena la fantasia in modi assolutamente imprevedibili, mischiando dolce e salato senza nessuna regola. È però un tipo di alimentazione che non può essere praticato con assiduità perché in cucina la fretta non va quasi mai di pari passo con la qualità e la salute (sono parole di Csaba dalla Zorza ma le condivido pienamente).

 Lo slow food è invece totalmente da programmare: che si tratti di una ricetta semplice ma che richiede tempo (come il brodo, il pane, la torta, la minestra) o di una successione complessa di molti passaggi, devi prepararti per avere tutto pronto al momento giusto.

 Esiste comunque anche un’altra possibilità, che placa tutte le esigenze alimentari: la cucina a domicilio. In pochi click si può ottenere ogni genere di cibo: dalla pizza alle specialità degli chef (pure un cuoco che arriva già carico di attrezzatura e spesa). Certo, così facendo si perde la soddisfazione di mangiare ciò che abbiamo creato personalmente, ma ammetto che alcune sere anche solo aprire il frigorifero per vedere cosa c’è sia uno sforzo troppo grosso.

Quando si mangia a casa, comunque, qualsiasi tipo di formula hai scelto, c’è una regola sempre valida: apparecchia. È una forma di rispetto e amore per te e che non devono mai mancare…anche a tavola.

Puoi scegliere lo stile che preferisci e viaggiare nel tempo

Gli Egiziani apparecchiavano per colazione, desinare e cena, sebbene non ci fossero le posate e le stoviglie stessero poggiate per terra, come i cuscini (i Persiani usavano i tappeti) su cui sedersi, ma non mancavano mai gli spettacoli per allietare il pasto.

Così come non mancavano nemmeno al tempo dei Romani, i quali stavano sdraiati sui triclini. In molte rappresentazioni essi appaiono comodamente poggiati, magari con davanti un servo che li sventaglia e un altro che porge loro acini d'uva: la classica immagine di chi nello stare a tavola trova uno dei piaceri della vita. A quel tempo si usavano già tovaglie ornate, piatti lavorati di cesello con sbalzi in oro, argento e pietre preziose, saliere ed anfore per il vino.

Durante il Medioevo, la tavola dei nobili e quella dei poveri rappresentava la diversità di ceto, ma ci si è sempre soffermati sulla qualità e la quantità del cibo. Era altresì differente anche il modo di apparecchiare. Per i poveri significava usare il recipiente comune, o una scodella personale nei casi più fortunati, da cui servirsi con un cucchiaio di legno o con le mani; spesso era la stessa fetta di pane a fare da piatto. Anche i nobili però in certuni casi amavano utilizzare direttamente le dita...però si sedevano davanti a tavole poggiate su cavalletti e guarnite con tovaglie di stoffa, ampi tovaglioli, il coltello per la carne, forchetta, piatti (in stagno, rame, ceramica, legno o metallo) e bicchieri singoli, bottiglie di vetro, brocche.

Ai tempi del Rinascimento apparecchiare è ormai parte del rito del convivio tanto quanto l'abbondanza di cibo ed il susseguirsi delle rappresentazioni: cucchiaio, coltello e forchetta erano già presenti nel momento in cui gli invitati si sedevano ed erano coperti da un telo di lino per non sporcarsi; l'oggettistica era in oro e argento e spesso apparivano anche decorazioni particolari a centrotavola o sulle pietanze, come i "trionfi di zucchero".


Con il tempo, l'importanza data soprattutto alle tovaglie ricamate è diventata tale che facevano parte del corredo che ogni ragazza doveva confezionarsi prima del matrimonio e spesso erano talmente belle e particolari che passavano di madre in figlia per generazioni.

Noi infatti siamo tutt'oggi abituati ad avere una tovaglia comune e tovagliolo, forchetta, cucchiaio, coltello e bicchiere personali. Il problema è che spesso non sappiamo dove poggiarli.

Per apparecchiare con la massima funzionalità occorre seguire alcune regole di base... le stesse che un paziente Hector Elizondo descriveva a Julia Roberts nel celebre film "Pretty woman" e a cui la citata Csaba dalla Zorza fa attenzione in tutte le trasmissioni a cui è invitata e che ora ripeteremo in breve. Il coltello va messo a destra del piatto e con la lama verso di esso. Il cucchiaio, quando presente, va posto alla sua destra. La forchetta invece va a sinistra. In caso di più posate, vanno deposte in ordine di utilizzo, dall'interno verso l'esterno, ma sempre rispettando lo schema descritto, facendo attenzione a quelle da dessert, che vanno messe tra il piatto ed i bicchieri (coltello e cucchiaio col manico a destra, forchetta con il manico a sinistra). Questi ultimi in genere sono due: uno più grande da acqua, uno più piccolo da vino, mettendo all'esterno quello da usarsi per primo. Il tovagliolo, infine, va a sinistra del piatto, ma non sotto la forchetta.

Esistono regole anche sul modo corretto di stare a tavola, dettate da anni di bon ton che si occupa di definire la corretta postura ed i comportamenti da adottare o meno una volta accomodati.

 Apparecchiare è dunque un'arte, ma alcune indagini dimostrano che sono pochi coloro che si dedicano alla professione del cameriere (ed anche su questo appellativo i dibattiti si sono sprecati, arrivando quasi ad un accordo con il termine, guarda caso, "convivier"), forse perché le pietanze escono dalla cucina già pronte e quindi il suo compito non è più prestigioso come quello di un tempo nel quale si occupava di terminare la cottura al tavolo o di tagliare le vivande (ricordiamo che nel Rinascimento il taglio a mezz'aria era una caratteristica di prestigio).

Molti locali sono diventati "touch screen" dove, tramite uno schermo da computer, si può ordinare e, tramite un'apposita web cam, dare anche un'occhiata in cucina, togliendo loro gran parte delle mansioni.

Oltre a ciò, nei ristoranti moderni si sta anche palesando l'abitudine di mangiare con le mani. Dal sito de "L'Espresso" è infatti giunta la notizia che chef di chiara fama come Ferran Adrià, Massimilano Alajmo, Enrico Crippa e Paolo Lopriore negli anni Duemila hanno iniziato a preparare manicaretti che vanno gustati prendendoli direttamente con le dita, che ne rimangono anche immancabilmente impiastricciate. Adrià lo chiama proprio "un ritorno all'aspetto conviviale e di condivisione del pasto", il quale coinvolge anche alcuni sommelier, che propongono un assaggio del vino immettendo direttamente la mano nella botte.

Tutto ciò ci fa pensare che, dopo secoli in cui conoscere "l'etichetta a tavola" era simbolo di distinzione ed onore, stiamo tornando alle origini... arriveremo, come gli ominidi, a strappare direttamente i vegetali dalla terra con le mani????