“Riunisce i sapori della brezza marina, la dolcezza dell’erba secca e un vago sentore di metallo arrugginito”, così Niki Segnit descrive lo zafferano, dall'inconfondibile colore.
Per crescere così giallo, ha bisogno di un terreno adatto (come quello di Abruzzo, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria, ma lo si trova anche in Iran, Kashmir, Spagna), di un bulbo (o meglio di 150g bulbi/ha di terreno), di un tegame dove non sia cresciuto zafferano da almeno 8 anni, di oltre un mese per svilupparsi, della raccolta a mano (di prima mattina o tardo pomeriggio, quando la sua profumazione raggiunge il massimo) e dell'uso dei pistilli sciolti in acqua calda (ma non bollente); parliamo di circa 400 ore di lavoro per ottenerne 1kg e di una minima quantità aggiunta alle nostre ricette. Lo zafferano vuole essere raro... quasi unico. (E chi lo commerciava "falso" nel XV secolo veniva arso sui sacchi della propria merce).
Il che contrasta con l'uso di questa spezia in abbinamento a vari tipi di materia prima, come pesce (frutti di mare, cernia, dentice, scorfano), verdure (cavolfiore, patate), carne (pollo), formaggi, pasta e salse (ma lo si può anche trasformare in un liquore nonché aggiungere a confetture, muffin, pane dolce, biscotti alle mandorle o all'anice). E con la sua diffusione: è citato in papiri egiziani e nella letteratura dell'Antica Roma e possiede un nome di origine araba che significa "giallo".
Eppure, lo zafferano è per lo più conosciuto abbinato al riso e alla città di Milano. Perché?
La risposta sta probabilmente nel fatto che a volte la leggenda ha maggior forza di imprimersi nella mente rispetto alla realtà e quindi più che alla provenienza della materia prima ci si è affidati alla storia del vetraio Valerio di Fiandra. Egli lavorava alle decorazioni del Duomo di Milano usando il pregiato zafferano per dare più lucentezza al colore giallo; caso vuole che ne avesse ancora sulle mani quando si fermò per mangiare del risotto che da allora venne battezzato col nome della città.
La realtà è invece basata sulla creazione per gradi della ricetta come la conosciamo ora: verso la fine del XVIII secolo un autore anonimo descrive una “zuppa di riso alla milanese” con riso lessato e tuorli d’uovo, mentre la loro sostituzione con lo zafferano è ufficialmente codificata nel 1862, in un volume intitolato “La cucina degli stomachi deboli”, il quale trasforma la zuppa in un risotto, con tanto di burro, midollo di manzo, cipolla, mollica di pane, vino bianco e formaggio lodigiano grattugiato. Carlo Emilio Gadda, nel 1955, suggerisce poi non solo come cucinarlo ma anche che aspetto debba avere: "Non deve essere scotto, ohibò, no! Solo un po’ più che al dente sul piatto: il chicco intriso ed enfiato de’ suddetti succhi, ma chicco individuo, non appiccicato ai compagni, non ammollato in una melma, in una bagna che riuscirebbe schifenza".
Da quel momento, la fama del risotto giallo continua a crescere finché diventa patrimonio nazionale, nonché una vera e propria “prova da esperti” in cui ogni cuoco prima o poi si cimenta, ponendo le proprie variazioni:
- "Sicuramente è tra i miei piatti più conosciuti. Una volta pronto lo manteco con burro, Grana Padano 27 mesi grattugiato e un goccio di aceto per contrastare la componente basica del riso, quella più amidosa. Lo zafferano lo lavoro a parte, con gli stimmi in infusione" (Davide Oldani);
- "Sia nel caso del risotto allo zafferano con il midollo alla piastra che nella crema di riso e zafferano, sempre col midollo e con una spolverata di cioccolato grattugiato, mi sono servito di un’estrapolazione, nel senso che ho portato fuori ciò che prima era dentro, per rinnovare il gioco di consistenze e la presentazione" (Carlo Cracco);
- "Aggiungo castagne e bagoss ottenendo un risotto a metà tra il casareccio e il sofisticato, accostamenti insoliti che stuzzicano il palato lasciando sempre al commensale il piacere di scoprire sorprendenti abbinamenti" (Sergio Barzetti);
- "Il risotto giallo è uno dei miei piatti preferiti e mi è venuto in mente che la pasta, cucinata in modo simile, o almeno da avere un gusto simile, sarebbe perfetta e molto semplice. Quindi ecco qua: spaghetti in una salsa all’uovo, tinta di zafferano, leggermente formaggiosa e cremosa – un paradiso dorato in un piatto" (Nigella Lawson);
- Simone Salvini completa con Carnaroli superfino (bollito e frullato con crema di mandorle, limone, malto di riso, peperoncino), pesto di rucola e mandorle, germogli di crescione e gocce di yogurt di soia;
- Marco Bianchi usa riso integrale e ne frulla una parte, per renderlo più cremoso, prima di mantecarlo con ricotta.
Il vero Maestro del risotto giallo però è stato Gualtiero Marchesi che, per primo, nel 1982, lo servì con foglia d’oro 18k al centro: "Mi sembrava una trovata e ho voluto, come tutti i miei piatti, che rimanesse un piatto unico, perciò non ho proposto altre pietanze all’oro".
Come succede per la maggior parte delle ricette, infine, il risotto giallo è passato dalle leggendarie cucine degli chef a quelle casalinghe, aumentando la sua bontà con una nuova serie di variazioni.
L’importante è usare una casseruola adatta (in alluminio va benissimo), scegliere un Carnaroli o un Vialone Nano, usare burro e cipolla come base, aggiungere brodo di carne bollente (migliore è il brodo, migliore sarà il risotto, ha detto Jamie Oliver) e servirlo all’onda: l’unica accortezza sta nel ricordare che lo zafferano in polvere va sciolto in acqua o brodo, mentre gli stimmi vanno chiusi nell’alluminio e scaldati.
Poi si possono fare delle aggiunte: guanciale (o bacon); capperi e polvere di caffè; würstel; funghi porcini; paprika; salsiccia; porri croccanti; aceto balsamico tradizionale; scorza d’arancia e/o di limone; polvere di liquirizia; ragù di codini di maiale (com’è tipico della gastronomia cremasca); curcuma, barba di frate e scorza di limone; guanciale, cipollotto e vodka per sfumare; fave, capesante, porro, Martini dry; fonduta.
Lo si presenta: nel tomino; frullato e servito con chips di melanzane e crostini all’aglio; nella pasta brik croccante; come ripieno di un biscotto al parmigiano; a cubetti, farcito di formaggio; nei mini stecchi. Si aromatizza il brodo con petali di rosa.
Si manteca con cacioricotta o taleggio o burrata.
E, se avanza, si mette in padella con strati di asiago e radicchio o a frittata con provolone oppure lo si usa come farcitura, con spinaci e fichi secchi, per un rollé di maiale o come arancina che contiene un ragù di manzo ai piselli o un mix di scamorza bianca, prosciutto cotto, piselli e besciamella.
Infine, il risotto giallo è uscito dalle cucine per tornare fra le strade: ho letto di un’Ape Car che gira per Milano proponendolo come “cibo da passeggio”…e mi piace pensare che il conducente spesso si fermi e guardi in alto per omaggiare proprio loro, le vetrate del Duomo “allo zafferano”!