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 "Colpevoli di silenzio"

 

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 Essere brave è sopravvalutato.

 No. Bugia. Non sopravvalutato, diciamo, “imposto". Sia nel pubblico che nel privato.

 La definizione pubblica racchiude tutto ciò che si manifesta quando qualcun∂ ti fa una domanda a cui non vuoi rispondere.

 Qualcosa tipo “Perché non hai un fidanzato?”, “Perché non ti sposi?”, “Perché non fai figli?”. Questioni che formano una nube di mestizia…un cumulonembo di depressione in cui ci si invischia che è un piacere.

 Hai un bel da pensare: “Ma che cacchio vogliono questi? Ma vaffanculo va!” però inevitabilmente una parte di te, più tardi, si chiede se abbiano ragione…se sei tu quella che non ha capito nulla…se il segreto dell’essere una brava fidanzata/moglie/madre ti sia mai passato davanti e tu l’hai lasciato andare perché eri troppo impegnata ad ascoltare i Duran Duran o a cercare il tipo romantico-avventuroso-bello-intelligente-simpatico che ti avrebbe spalancato il cuore. Fatto sta che adesso, da single incallita, brava non la sei di sicuro.

 E la situazione peggiora se alle soprascritte aggiungono altre domande tipo “Hai trovato un lavoro?” “Ma ti dà da guadagnare?” “E quanto guadagni?”.

Secondo la definizione societaria il lavoro può considerarsi tale solo se è ben noto a chiunque (quindi rassegnati: foodblogger o brandmanager o influencer o youtuber sono ascrivibili alla categoria “passatempo”…a meno che non guadagni migliaia di euro al mese), ti permette di essere perfettamente inserita in un determinato ambiente e ti dà uno stipendio mensile con cui sopravvivere e divertirti (ovviamente divertimento nell’ambito che tutt3 conoscono e approvano: mare o montagna d’estate e per Natale e per Pasqua qualche viaggetto non troppo lontano). Se per caso facessi un lavoro tipo cantante o scrittrice senza fama almeno nazionale (eccomi!) non esisti.

 La definizione privata è quella più facile. Fare la brava significa mettere insieme tutte le raccomandazioni di cui ti hanno imbottito i tuoi genitori e/o parenti e/o loro amici. 

Hai presente quei “Non correre che sudi e ti viene l’influenza”, “Fai i compiti o rimarrai zuccona”, “Non passeggiare sul bordo che cadi” ecc. ??

Intere generazioni di bambin3 ci costruiscono il proprio castello di certezze su quella roba. Partono dal presupposto che mamma e papà abbiano sempre ragione per cui prendono quei precetti come leggi create ad hoc per loro per poter salvarsi la vita da qualunque pericolo al mondo possa assalirli.

Ci credevo anche io, ovviamente.

Ma poi un giorno, quando avevo già quasi quarant’anni (ho uno sviluppo tardivo...lo so), ho visto il marito di mia cugina non dare alla propria figlia, che scorrazzava beata al parco, nessuna raccomandazione…ero inorridita…così ho iniziato a dargliele io perché santocielobisognavasalvarequellabambinadamortecerta!...e lui mi ha bloccato dicendomi: “La osservo in modo che non si metta in grave pericolo ma per il resto la lascio fare…deve imparare da sola per liberarsi delle paure e capire solo pagandone le conseguenze cos’ha fatto di sbagliato”. Mi si è aperto un mondo!!! E mi sono chiesta: quindi? Chi è la brava delle due? Io che ubbidivo a tutto o lei che sperimentava sulla propria pelle?

La conclusione è che essere brav3 non serve a niente se ti viene imposto.

Nessun∂ sa cosa sia meglio per te: ad alcun3 servono due sberle ben assestate, ad altr3 parole gentili e un regalo.

La cosa veramente bella è che puoi fare tutto…sul serio…tutto.

Il limite da non superare è solo quello legale: non puoi ammazzare nessuno né negare la libertà altrui. Per il resto decidi tu cosa ti rende felice…e se questo ti fa brav∂, te ne accorgi, perché a fine giornata verrà voglia di farti PAT PAT sulla spalla.